Francesco De Gregori e Antonio Gnoli: Passo d’Uomo

Pordenone, 17 settembre 2016

E’ arrivato elegante, con cappello, occhiali oscurati e mocassini bianchi accanto all’amico Antonio Gnoli, Francesco de Gregori, questa sera al suo appuntamento al Teatro Verdi di Pordenone.

Presenta il suo libro “Passo d’uomo”, che ripercorre la sua vita, ricordi, pensieri intrecciati alla storia italiana.

Se questo libro ha preso forma devo ringraziare la maieutica di Antonio, che ha tanto insistito per sondare in profondità, dopo tanti incontri siamo entrati in confidenza, è nata una bella amicizia”.

Gnoli, senza dirglielo, veste quasi la figura di psicanalista. Gli applausi scrosciano frequenti, ma non si ferma a lungo, De Gregori, è un fiume in piena: “Non chiamatemi intellettuale, ho il terrore di quando si prende qualcuno di famoso in altri campi e viene arruolato nella lunga lista dei “maestri” italiani”.

Pordenonelegge 2016 - Davide Franchini MULTIMEDIA www.davidefranchini.it
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Ci tiene a sottolinearlo di nuovo, che questo non è un libro non è la somma del suo percorso, è un dialogo tra due amici. Parla senza tante sovrastrutture, senza tanti paroloni, Francesco De Gregori. Schietto, diretto, forse perchè in fondo di sè anela alla semplicità come più in là lui stesso confida “E’ un po’ meno di un piccolo dispiacere non essere riuscito a scrivere una canzone semplice. E’ che sono innamorato delle parole, mi piace come si attaccano tra loro. Solo che le canzoni che ci sono arrivate nel nostro tempo sono quelle che si potevano cantare facendo la spesa. Una canzone come “Sapore di sale” mi piacerebbe scriverla, magari non così bella, non ci riuscirei, chissà speriamo un giorno...

Appena prende la parola Antonio Gnoli con delicata discrezione pone i riflettori sull’amico seduto al suo fianco: La grandezza di Francesco, la sua generosità, si riflette dal fatto che mi abbia chiesto di scrivere un libro. Qualsiasi altra star dello spettacolo si sarebbe fatta pregare”. Parla dei loro incontri, di quel loro frequentarsi per conoscersi al di là dell’immagine resa dalla notorietà, fino alla costruzione della loro intesa oltre alle divergenze di alcuni punti di vista, della impermeabilità che a tratti contraddistingueva il cantante. “Mi ha ingannato”, scherza De Gregori, “mi ha raggiunto a San Remo, mi ha fatto parlare del Festival appena fuori dai teatri dell’Ariston, a Roma non sarebbe riuscito a tirarmi fuori una parola, l’aveva pensata”.

Ne è venuto fuori un libro intenso, dai passaggi letti sul palco. C’è la storia personale del cantautore, ma anche tanta letteratura. Citano Lettere al padredi Kafka, Sulla strada di Kerouac, Moby Dick di Melville. “Sono un lettore medio che lascia anche i libri a metà”, confida “non mi sento in obbligo di arrivare alla fine se non mi piacciono, non mi stimolano, uno nella storia deve anche addrentarcisi, se non gli riesce non è una colpa”. “In compenso”, controbilancia “sono uno che i libri li rilegge anche 3, 4 volte. Lo faccio davvero, a distanza di anni cambia quello che senti, ti regalano cose diverse”.

Spiegano, De Gregori e Gnoli, cos’è quello che loro chiamano “dolorismo”, pratica sociale molto usata. “E’ diventata una categoria dello spirito. Quando c’è una disgrazia l’intervistatore và dai parenti e stimola il dolore, il pianto o una reazione sconcertante. E’ la cultura del dolore esibito, quanto di più inautentico possa esistere, è come la differenza tra bontà e buonismo”.

Pordenonelegge 2016 - Davide Franchini MULTIMEDIA www.davidefranchini.it
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Parlano del meccanismo della commozione, quella artificiale, ma anche quella vera.

Mettono in ballo le emozioni “sono più contento se uno mi dice che la una mia canzone l’ha emozionato piuttosto che l’ha capita. Se si va ad un concerto è come se condividessero tutti l’emozione dentro un rito collettivo, che poi ognuno declina in personale, la fa sua. L’emozione lì è qualcosa di più del semplice pathos”.

La canzone in tre minuti si estingue, è la sua forza ma anche il suo limite. Un po’ mi dispiace, il cantante viene un po’ snobbato ma anche le canzoni hanno contribuito a fare la storia di questo Paese. I cantanti rientrano nella letteratura di questo Paese. Letteratura non è solo romanzo, è anche teatro, cinema, televisione”.

Ho letto che gli artisti, i filosofi e gli scienziati cercano la verità. Non sono né filosofo né scienziato: per forza sono un artista. Saluta così un teatro gremito che lo applaude incantato. Ciao Francesco, alla prossima.

S.P.