Corrado Augias: I segreti di Istanbul

S. Sofia e i suoi minareti: è l’immagine di copertina del nuovo libro di Corrado Augias, I segreti di Istanbul. “E’ città eterna, come Gerusalemme, come Roma”, così la presenta. “Era considerata la seconda Roma, gli abitanti venivano chiamati “romani” e noi della penisola italica, “latini””.

Antico villaggio di pescatori, affacciato sul Mar di Marmara, sul Bosforo, quando Costantino individuò questo luogo ameno, fatto di brezze marine ed entroterra boscoso se ne innamorò, lo scelse come la sua seconda capitale dopo Roma. “L’impero romano a quel punto era già frantumato da faglie indipendentiste che andavano via via aprendosi. Come tutti i territori troppo estesi era difficile da governare. Costantino fece così allestire velocemente l’attuale Istanbul”.

La città nacque con il destino diviso tra Asia e Europa, tra culti diversi, tra civiltà bizantina e cristianesimo”. Parla assorto nella sua passione storica, Augias, senza mai perdere l’elegante delicatezza che lo contraddistingue, l’incontro al Teatro Verdi è una preziosa lezione di storia, “L’’ingiuriosa provocazione “Gesù è Dio ma nasce umano, dunque è un dio di serie B”, fu zittita dall’acuto Costantino “Lui è della stessa sostanza del Padre”, risposta consacrata e cristallizzata nella forma del Credo”.

Pordenonelegge 2016 - Davide Franchini MULTIMEDIA www.davidefranchini.it
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Augias incuriosisce i presenti parlando con ammirazione di Teodora “donna dalla forza incredibile, da prostituta a imperatrice. Non solo moglie dell’imperatore, ma è colei che diede la linea a Giustiniano”, della quadriga bronzea che sormonta la Basilica di San Marco a Venezia “viene dall’ippodromo di Costantinopoli, era paragonabile ad uno stadio di oggi, scoppiavano lì le rivolte. Reduci dalla storia, gli oggetti saccheggiati sono conservati all’interno della Basilica veneziana”.

Miei cari, è ora che vi destiate dal torpore”, scherza Augias, “vi racconto degli harem.

La prende un po’ larga, tratteggia una panoramica architettonica, la costruzione della Sala dei divani “parola turca che abbiamo importato tanti anni fa”, all’interno della Sala del Consiglio dei Ministri, con una grata fitta che non consentiva di capire se il sultano fosse presente o meno per cautelare la discrezione dei dialoghi, e poi disegna la configurazione degli harem. “Vigilatissimo, fatto di stanze e stanzette, le ragazze erano circa 300. Venivano rapite, oppure vendute da famiglie povere, dinamiche che naturalmente calpestavano i nostri attuali più elementari diritti dell’individuo. La madre del sultano regnante, l’equivalente di una Regina Madre d’occidente, sorvegliava la gestione degli harem. Ci voleva una forte disciplina, le donne erano divise in ranghi. La maggior parte di loro viveva nell’ombra nella speranza di essere notata un giorno dal re, ma solo le preferite potevano dargli un figlio, tra loro nascevano forti competizioni che culminavano non di rado in omicidi. L’harem era luogo di delizie carnali, ma anche una prigione. Le favorite erano servite da schiave, ma erano schiave a loro volta. Gli eunuchi all’interno erano neri: se fosse nato un bambino mulatto il tradimento sarebbe stato evidente, la ragazza sarebbe stata chiusa in un sacco e buttata con i gatti nel Bosforo”.

Pordenonelegge 2016 - Davide Franchini MULTIMEDIA www.davidefranchini.it
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Regala un’ultima immagine della città oggi, la sua divisione in tre zone. Accenna alla cisterna sommersa, sito suggestivo dove confluivano le acque pluviali, misterioso, illuminato da lumini.

E poi scocca l’ora, si congeda con una battuta “Pensavo a Pordenonelegge, questa meravigliosa opportunità.. però mi fa sorridere, alla sua 17. edizione ha scelto come simbolo il gatto nero!”

S.P.