Fuori dalla Famiglia – De Silva e Marone

Sembra che oggi il vecchio schema della famiglia vacilli, sia insufficiente, necessarie esperienze in più. Eppure nei libri dell’amatissimo Diego De Silva e del collega napoletano Lorenzo Marone la famiglia ha un ruolo importate. L’incontro a Pordenonelegge, fatto di riflessioni intense e tante risate, è la comparazione tra i due scrittori, i loro vissuti, i loro stili, i loro personaggi.

“Il nostro trascorso nella famiglia d’origine si riflette inesorabilmente sul quello che saremo dopo, sulla famiglia che andremo a costruire. La famiglia a volte ci obbliga a recitare copioni. Se sei diverso dalla linea familiare sei un po’ estromesso. Io a vent’anni mi differenziavo. Sono figlio di genitori separati, il mio fratellastro veniva a trovarmi nel mio appartamento e me lo diceva. La nostra è una famiglia un po’ “pesante”, una lunga tradizione di avvocati. Io da ragazzo suonavo la batteria, come Diego, avevo tre acquari. Poi mi sono rassegnato, sono diventato avvocato anch’io, ma ho impiegato 15 anni a capire che non era la mia vocazione. La mia vera identità era quella che esprimevo da giovane”.

Pordenonelegge 2016 - Davide Franchini MULTIMEDIA www.davidefranchini.it
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De Silva riprende il filo , tra qualche divagazione. “La costruzione di un’identità riguarda tutti, è un cammino che ognuno di noi deve fare. Anch’io ho fatto, male, l’avvocato. E ad essere sincero ancora oggi mi stupisco come i miei libri, in particolare il primo, abbiano fatto successo nell’ambiente, a distanza di alcuni anni ancora ricevo inviti. L’identità senza ricerca è un problema. Uno dei grumi nevrotici per cui tanti si riconoscono nel terrorismo religioso è perché non c’è identità alla base, si aspetta qualcuno che dica cosa fare”. “Ma tornano a noi”, prosegue “La scelta del proprio compagno di vita, della formazione di una famiglia è una scelta difficile. Tra i miei conoscenti vedo molte coppie “rifondate”, accanto a loro non ci sono mariti e mogli, ma “compagni”. Penso che questo sia il risultato del fallimento, come se le cose non si fossero fatte nel momento giusto e poi viene la voglia di darsi una seconda possibilità”. Credo che la nostra cultura, incalza “ha dato un’imposizione sbagliata al matrimonio, considerato “un fondo di investimento”, molti hanno sposato “la persona giusta”, per qualità, quella di sostanza. Quanti vorrebbero farsi proprio la persona che hanno accanto?”. E’ diretto, è schietto, De Silva. Poi torna a sondare sulle dinamiche diffuse: “L’elemento della passione, del desiderio, di tutto quello che ci ruota attorno hanno assunto la forma di elementi secondari, dimenticandone che sono fondamentali. L’amore è una cosa seria”.

Nella vita scegliamo con poca passione, che invece dovrebbe essere il nostro faro”, si allaccia Marone. “Il protagonista del mio libro, Harry, è un inetto, un inetto che prende con ironia la sua condizione. Ha difficoltà a scegliere. Perché è figlio del suo vissuto, di una madre autoritaria e invadente, di un padre che se n’è andato. Da piccolo è un bambino che soffre, non riesce a sviluppare la propria personalità, mortificato dalla madre. Ma è un “ribelle silente”, alla fine ce la fa, a scegliere, a cambiare la sua vita”.

E a proposito di genitori invadenti interviene De Silva: “Odio i genitori che si fanno gli affari dei figli, tutti con queste angosce, quest’ansia, questa mania del controllo! Ma detesto anche i genitori che sono sempre sinceri con i figli, che si aprono e si psicanalizzano con loro”. “Nel mio libro molti mi hanno detto essere il padre del protagonista il vero protagonista. Forse è così. Mi piace molto la sua figura. Diffidate da chi si considera un bravo genitore, se il tentativo è assumere un ruolo eroico con un figlio hai sbagliato tutto. E’ un ipocrisia. Il mio è uno di quei padri stronzi ma che in fondo non riesci ad odiare, anzi forse un po’ lo finisci per ammirare”. E’ lui ad ammettere candidamente al figlio di non amare il suo ruolo di padre, di educatore, “mi sei capitato” gli dice. Ed è sempre lui a fare quella che De Silva considera una grande battuta, rivolgendosi al figlio, che è sposato ma ha un’amante “L’amore esiste per fare felice la gente. Se non è così sei tu il coglione!”

“Che poi” spiazza tutti De Silvagli amanti secondo me non esistono. Inteso nel senso comune.. una relazione clandestina, facile, sporadica, sproblematizzata. La maggior parte degli amanti sono famosi, lo sanno tutti compresi i coniugi, solo solo coppie parallele che per svariate ragioni rimangono tali. Nel libro che sto scrivendo c’è un capitolo dedicato proprio agli “zii ambigui” che c’erano nella famiglia media perbenista napoletana quando ero bambino. Erano sempre gli amanti di qualcuno, ma erano in famiglia”. Lo racconta in tono divertente, linguaggio colorito, il pubblico si diverte.

“L’ironia permette di salvarsi da tante mazzate della vita”, Marone riporta la conversazione nel profondo. “il protagonista del mio romanzo è molto sensibile, e come tutti i sensibili è caratterizzato dalla capacità di scorgere la bellezza che gli altri non vedono, ma paga dazio con la malinconia, quel malessere che non sai da dove viene e non puoi fare altro che provare a fartela amica per tenerla a bada”.

Pordenonelegge 2016 - Davide Franchini MULTIMEDIA www.davidefranchini.it
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Tra le ultime battute De Silva lascia un aneddoto spassoso del suo romanzo, raccontando del passaggio in cui manda in terapia di coppia i suoi amanti. “La donna difficilmente accetta la felicità qui ed ora, vuole prospettiva. Quando lei comunica al lui protagonista la decisione di andare in terapia, gli prende un colpo.

Poi è sollevato quando al psicoterapista arriva “il messaggino sbagliato apposta” della fidanzata, “un reato tecnologico””. E’ finito con una risata in una domenica piovosa l’incontro con uno dei più amati autori di questa 17.esima edizione di Pordenonelegge.

S.P.