Enrico Mentana @ PordenonePensa 2016



Domenica 20 novembre 2016

Enrico Mentana, uno dei volti più noti del giornalismo italiano, ha incontrato stasera il pubblico pordenonese promosso dalla rassegna culturale “Pordenone Pensa”. Intervistato dal collega Filippo Facci, Mentana ha affrontato i più scottanti temi dell’attuale scenario socio-politico.

Lo fa in modo diretto, sincero, limpido, come abbiamo imparato a conoscerlo attraverso lo schermo. Accenna di politica che “ci ha lasciati soli”, una politica che “relega i problemi nelle periferie, non regolamentati, tra i campi rom e quelli di prima accoglienza per i migranti”, una politica dove “il più giovane premier della storia non si occupa dei giovani, questo il più grande rimprovero che muovo a Renzi”. “Siamo un paese in mano alle vecchie generazioni, convinte che nessuno sia in gradi di fare bene come loro, dal mondo dell’imprenditoria ai magistrati, che minacciano sciopero se non possono stare in carica fino a 73 anni, oppure i professori universitari che più stanno in carriera più guadagnano. Vale per manager, dirigenti, direttori, incentivati dagli stipendi che lievitano, mentre operai e impiegati non possono dire altrettanto e per i giovani non c’è spazio. Eppure, si sa, dopo i sessant’anni non hanno più l’esigenza economica primaria di lavorare per sopravvivere, lo fanno per arricchirsi o per ego”. Risponde alle domande di Facci con lo stesso timbro di voce, le stesse espressioni, le sue stesse battute “anche se non fanno ridere”, come lui le definisce, che sono familiari a milioni di italiani.

A quelli delle scorse generazioni, forse, a quelli “cresciuti con la cultura dei quotidiani”. Perché “i giovani non sono lettori di giornali, neanche a lasciarglieli gratis, tutt’al più sfogliano le pagine sportive”. “I giornali sono stati la nostra passione, di quelli della mia età”, prosegue, “ma oggi come si può pensare che i giovani siano disposti a spendere soldi per avere notizie aggiornate solo fino alla sera prima, mentre il mondo del web è istantaneo? E poi li abbiamo abituati alla gratuità, è una via senza ritorno. Con l’arrivo della crisi economica c’erano meno pubblicità, i giornali per sopravvivere hanno iniziato con la notizia gratuita, ma da almeno cinque anni perdono il numero di copie mese per mese, le case editrici sono fortemente indebitate, le edicole scompaiono, non è più un business, è la fine del giornalismo. E’ da tenere presente che sul web le notizie sono di minore spessore e affidate al vendo di chi le propone, prive di mediatori”.



Il discorso traghetta verso i social network, ormai parte integrante della vita sociale: “Facebook è l’unico social con cui mi trovo”, ammette. Spezza con un breve accenno al termine “Webete” di cui si è fatto inconsapevolmente apripista. “L’ho scritto quasi per caso, non intendevo inventarmi una nuova parola” e anche se poi si è cancellato insieme al suo commento, qualcuno l’ha “screenshottata” e si è trasformata in fermento virale. “Sul web trovi gente che scrive fesserie. Io rispondo sempre in maniera molto dura”, prosegue ritrovando il filo, “c’è un microcosmo che si nutre di virtualità, gonfia le cose. Il mondo che si ciba del virtuale è devastante. Le figure diventano irreali, le persone normali sono come degli ospiti. I social sono sicuramente il futuro, ma il libero dibattito prende il sopravvento, si raccontano tante bugie. Le persone devono prendersi delle responsabilità per quello che dicono, bisogna essere intransigenti, soprattutto contro gli atteggiamenti da “bulli””.

“Sono in pace con la coscienza del dare e avere”, conclude. “Raccontare la realtà è un mestiere usurante. Ad un certo punto le cose non le capisci più adeguatamente, non ne hai più gli strumenti.

Le mode, le tendenze cambiano. La responsabilità è un prodotto giornalistico ed è fatta di tanti passaggi, tra cui prendere decisioni tempestivamente. “Sì o no. E come.” Questo è ciò che vale.

Per chi fa questo mestieri niente è più pericoloso come l’incertezza decisionale, se si ingolfa il meccanismo si fa un danno per sé e per gli altri.” E’ con il messaggio della responsabilità che si è concluso l’incontro, una virtù che forse sì, non è poi molto cara a quel mondo virtuale di cui la società odierna si ciba avidamente.



Le foto qui:

S.P.