Fuori controllo. Un’antropologia del cambiamento accellerato



Ci hanno dapprima incuriosito. Poi ci hanno affascinato. Seguendoli, ci hanno appassionato. Gli incontri in scaletta di Pordenonelegge sui principali temi d’attualità hanno scandito autore dopo autore un messaggio importante: viviamo in un mondo sempre più complesso, sempre più frenetico e per certi versi ostile e malsano. E’ anche un mondo, però, che offre opportunità un tempo inimmaginabili. E la bussola è sempre il buonsenso.



Thomas Hylland Eriksen, antropologo norvegese, professore all’Università di Oslo, ha offerto al pubblico i risultati delle sue ricerche riassunte in “Fuori controllo. Un’antropologia del cambiamento accelerato”.

 

“Viviamo anni surriscaldati, anni che corrono a quella velocità che blocca il motore”.

Gli acquisti, i container, facebook, le migrazioni, il turismo di massa, i telefoni ed internet, i trasporti, i suoi sei miliardi di abitanti e il brulichio delle loro attività, dei loro progetti. E’ un mondo sovraffollato e iperattivo”. Introduce così la sua visione del mondo ai giorni nostri, il dottor Eriksen.



“Si è capito che c’era un vero problema quando le aziende, dapprima volte al futuro e ai ragionamenti sul medio e lungo periodo hanno iniziato a ragionare a breve termine. Nel mondo la gente non sapeva più immaginarsi cosa sarebbe successo nei successivi 5 anni, si è diffuso il precariato delle esistenze. Nessuno ha più un lavoro a vita, siamo chiamati ad essere aperti, dinamici. Ne risente l’insicurezza, l’identità”, prosegue.

 

Il punto è che “la crescita accelerata sotto tutti gli aspetti, dalla tecnologia al commercio internazionale, dal consumo di energia alle necessità, ha fatto sì che si perdesse il contatto con la dimensione reale delle nostre vite prima più semplici, diventando fuori dalla portata del controllo umano”.



“Tutto questo ha dato vita a dei conflitti di scala, un fenomeno ancora difficile da capire”, una sorta di ragionamento a vasi comunicanti per cui tutta questa ricorsa finirebbe per nuocere a tutta la collettività. “L’industrializzazione selvaggia, l’inquinamento, ad esempio, fanno male alla gente comune, che non si sente rispettata dai poteri forti”.

 

Sarebbe insensato suggerire di regredire, la modernità ha portato dei vantaggi, delle comodità indiscutibili sulle nostre vite. Ma è necessario ripensare a delle alternative a partire dai piccoli contesti. “E’ più facile pensare di cambiare il mondo, che ragionare su scala locale. Ma la vita è imprevedibile e il diffuso sentimento di nostalgia per gli anni più a misura d’uomo che abbiamo vissuto sono un segnale da cogliere per attuare dei cambiamenti socio-economici oggi quanto mai necessari”.

 

Rallentare e Raffreddare.

SP