Andrea Scanzi – I Migliori di Noi | Udine 2016



Andrea Scanzi, nota firma de “Il fatto quotidiano”, appassionato di politica, sport, spettacoli teatrali, vini e soprattutto musica e cani, ha presentato questo pomeriggio il suo ultimo libro, I migliori di noi, in programma all’interno della rassegna Librinsieme di Udine e Gorizia Fiere.

Come è nato “I migliori di noi”? “Con le parole che non si dicono per pudore. E’ la storia di un’amicizia tra due amici maschi. A 25 anni qualcosa li divide. Si incontrano di nuovo 50enni. Partono le riflessioni sul loro legame. E scatta l’inevitabile confronto tra le strade che hanno percorso le loro esistenze, molto lontane, quasi opposte. Fabio è semplice, non si è mai spostato dalla piccola realtà in cui sono cresciuti, è quello responsabile, con un lavoro, un matrimonio felice. Max, invece, è uno che brucia la vita: l’America, le esperienze, le donne: è il classico, eterno giovane immaturo.Fabio apparentemente è quello che è stato fermo, ma invece è andato avanti, mentre Max non ha costruito nulla nonostante l’apparenza contraria.

Da questo paragone si parla di legami, di vita di coppia, di amore oltre che di amicizia.

“E’ che Fabio è felice, felice davvero. Proviamo invidia vedendo una coppia profondamente felice, quanti possono dire di esserlo? Penso all’amore come ad un reciproco sostenersi, un riparo, un nido dalle tempeste della vita. Il difficile è riuscire ad elevare a capolavoro la quotidianità. Nel libro è la quotidianità che vince, ma và costruita con fatica giorno dopo giorno, edificata masso dopo masso. L’abitudine è la somma di piccoli gesti scontati, ma che se mancano crolla tutto”.

E a proposito di cose date per scontato, Scanzi si racconta mentre parla del suo ultimo libro, amato un po’ come un figlio. “Nel mio libro e nella vita non ci sono solo i protagonisti, anzi, le figure marginali e non protagoniste mi affascinano di più, è chi fa da comparsa per poco e da corollario che spesso dà il significato ad intere vicende. Sono coloro che si danno per scontati ma quando poi mancano sono quelli che mancano di più. Molte volte questi “protagonisti non protagonisti” sono i cani, non vogliono mai stare al centro dell’attenzione, ma quando li perdiamo crolliamo. Ho voluto rendere omaggio a tutte quelle figure che non raccontiamo e non ricordiamo abbastanza. Ho il terrore della dimenticanza. E il nostro Paese, purtroppo, dimentica molto”.



Parlando di memoria, i ricordi corrono lontani: Andrea Scanzi ha 18 anni e da poco le stragi di Capaci e di Via D’Amelio hanno sconvolto l’Italia e il mondo. Allora “il giudice Caponnetto venne a fare un tour nelle scuole italiane. Ci guardò negli occhi, eravamo tutti commossi, e ci disse “Adesso tocca a voi, non fate che i sacrifici di Falcone e Borsellino siano vani”. Nei tempi successivi si respirava un’aria di speranza. Ma è durata poco. Nel ’94 dalla speranza siamo passati a Berlusconi. Abbiamo permesso il crollo della politica, della morale, il livello di indignazione ha raggiunto livelli sempre più bassi, abbiamo sdoganato ogni sciocchezza. Mi ferisce che abbiamo avuto delle reali occasioni di cambiare le cose e le abbiamo sprecate. Abbiamo permesso cose insopportabili, questo non perdono alla mia generazione”.

“Abbiamo dimenticato e io non sopporto chi dimentica le cose. Non ho paura per me, non riesco ad accettare la fine di chi mi è affianco. Non ho paura di invecchiare, ma del tempo che invecchia chi mi è intorno. Siamo tutti soggetti al ticchettio del tempo, ma mi ferisce pensare che un giorno chi mi è caro non ci sarà più”.

Le persone e i luoghi che amiamo: questo è quanto ci è più caro. Per Scanzi casa è la sua Arezzo.

“E’ il terzo protagonista del romanzo, ognuno è figlio del suo tempo e del luogo dove è nato e cresciuto. Arezzo è inconsapevolmente bella, descrivo le viuzze e i locali fumosi con grande affetto, così come la gente, con modi di scherzare tipicamente toscani, rustici e grevi ma quelle battute e quelle parolacce hanno sempre un retrogusto di affetto: nel mio libro ci sono discorsi diretti e l’ironia che fa parte dell’amicizia. Quando si è giovani le città in cui si è nati stanno strette, le si ritiene noiose, mi sono dovuto allontanare. Ma la vita mi ha riportato alla necessità di un nido dove approdare e che mi protegga tra le pause di una vita sempre in viaggio. Le realtà di provincia sono luoghi apparentemente marginali ma che ci fanno sentire meno soli”, continua. “La provincia è più affascinante della metropoli. Le province sentono prima i grandi eventi: riconoscono, anticipano la storia”.



E nella sua, di storia, ci sono tante passioni, tra le più importanti la musica. “Sicuramente amo più la musica della politica. Non so immaginarmi le varie fasi della mia vita senza una colonna sonora, ascolto musica dalle 8 alle 9 ore al giorno. Sono nato in una famiglia dove si ascoltava Gaber, De Andrè e molti altri di alti livelli, sono cresciuto in una casa intrisa di musica. Papà aveva dischi ovunque e a 15 anni ha iniziato a portarmi ai concerti, mi ha cambiato la vita. Oggi scelgo la musica in base ai risultati che voglio ottenere, la ascolto sempre e ovunque, incluso mentre scrivo”.

S.P.