Mogol – Il Mio Mestiere è vivere la vita



Ha scritto “Stessa spiaggia stesso mare”, “29 settembre”, “Emozioni”, indimenticabili testi della storia italiana della canzone. Eppure Giulio Rapetti Mogol si presenta la serata conclusiva di Pordenonelegge sul palco del Teatro Verdi con una straordinaria umiltà, lineare al suo pensiero,Chi si monta la testa è un imbecille”.

Ha deciso di raccogliere ricordi personali e professionali in un libro, “Il mio mestiere è vivere la vita”. “Nella mia vita ho difeso soprattutto la mia libertà. E’ un patrimonio, una conquista, la libertà, non ce la danno gli altri”. “E poi”, continua “ho sempre parlato di fatti veri. Non ho fantasia e non mi piace la fiction. I sentimenti delle nostre vite non sono diversi, la gente capisce quando sono trasmessi in modo vero.

Pordenonelegge 2016 - Davide Franchini MULTIMEDIA www.davidefranchini.it
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Si lascia trasportare dai ricordi dell’infanzia, le partite a pallone sulla strada, le figure che più ha amato. “I miei genitori erano giovanissimi, quando sono nato mamma aveva 21 anni, papà 24. Mamma era scrupolosa, pulitissima, portatrice di saggezza popolare, papà mi ha insegnato ad essere  puntualissimo. Erano rigorosi, ed io lo sono stato a mia volta con i miei figli, anche se devo dire, mia moglie mi ha aiutato. Chi vuole veramente bene ai figli deve avere il coraggio di sfidarli. Io con il rigore posso andare ovunque e mi trovo sempre bene, i miei genitori mi hanno regalato la capacità di adattamento”.

Ho vissuto un tempo più umano e più autentico di oggi”, ammette, tra le parole si avverte una nota di nostalgia. “Negli ultimi trent’anni non è successo più niente. E’ tutto incentrato sulla tecnologia perché è il business più facile, il modo più potente per fare soldi in tutto il mondo. Tutti fanno le star, vanno su Facebook, fanno un sito, si vende un sogno. Si fugge la solitudine provocandone un’altra. Ho visto dei ragazzini in gita sul treno, tutti assorti nei giochi degli Ipod, o come si chiama. Al ristorante, poi, che scene! Marito e moglie, entrambi ipnotizzati dentro gli schermi!”

Nella vita bisogna cercare di divertirsi, sono stato anche fortunato. I miei successi sono stati 135”.

Cita canzoni e cantautori, Tenco, Celentano, si sofferma sul piano umano prima di addentrarsi nella tecnica. E’ un signore di altri tempi, Mogol, abituato ad una considerazione umana che stiamo sacrificando a nome di immagini vuote e fittizie. “Bobby Solo è uno degli artisti più umili, gentili che abbia conosciuto, un brav’uomo, buono. Mio padre era un editore, si era innamorato della sua voce, voleva portarlo a San Remo. Ho scritto “Una lacrima sul viso” mentre andavamo ad incidere”.

Pordenonelegge 2016 - Davide Franchini MULTIMEDIA www.davidefranchini.it
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Alla domanda “chi è il più sottovalutato?” non esita “Mango!” risponde deciso, forse un poco commosso. “Un artista straordinario. E’ solo lui così. Era un altro nobile d’animo. Quando è morto era in quel teatro per beneficenza. Quando ha sentito quel dolore terribile che dicono anticipi un infarto, ha chiesto scusa e con la mano ha cercato un accordo per il pubblico. Anche nell’ultimo istante della sua vita è stato generoso”.

“La gente sfrutta il 2% delle proprie capacità a dire tanto. Non ha capito che possiamo agire senza pensare, sviluppando automatismi, come guidare la macchina e scrivere. Nasciamo tutti con un talento latente. Ma richiede tanto lavoro, dicono 10.000 ore. Diceva Einstein “1% ispirazione, 99% sudore”. Di tutti i grandi artisti italiani non ce n’era uno che non studiasse, chi più si applicava, più otteneva. Battisti ascoltava per 10 ore al giorno canzoni di tutto il mondo. Ci vogliono metodi didattici e buoni insegnanti, il maestro bravo è raro, conosce così bene la sua materia da saperla spiegare semplicemente. Ci vuole capacità critica ma soprattutto passione. Uno è più ricco quante più passioni ha”.

Pordenonelegge 2016 - Davide Franchini MULTIMEDIA www.davidefranchini.it
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E a proposito di Battisti! “Quando l’ho incontrato per la prima volta, con quei suoi riccioli, si è messo a suonare due canzoni, gli ho detto che era poca cosa e lui ha risposto “sono d’accordo”. Mi ha fatto tenerezza, aveva vent’anni e allora per rimediare, non perché ci vedessi veramente delle capacità, gli ho proposto di vederci per pranzo. La prima canzone che abbiamo scritto era imbarazzante, “Dolce di giorno”, la seconda “Per una lira”, la terza “29 settembre”. Impegnandosi si può crescere”. Accenna alle divergenze che li hanno portato in seguito ad allontanarsi, “posso morire per i miei principi”.

“La cultura popolare è in crisi. Spero di no ma temo sia irreversibile. Oggi chi promuove la musica spesso la produce. Decide il successo il padrone della radio, che non in tutte ma nelle più grande è quasi sempre il produttore dei dischi. Se Battisti ci provasse oggi, non avrebbe possibilità di emergere”.

S.P.